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29 Aprile 2024

Svizzera

ALTOLÀ ALL'USA E GETTA, ANCHE IN SVIZZERA CONTRO IL FAST FASHION

In un momento in cui l'Europa genera da sola milioni di tonnellate di rifiuti tessili la necessità di porre un freno alla moda di breve durata sta diventando sempre più pressante. Un po' dappertutto stanno emergendo nuove normative per rendere i produttori più responsabili, lungo l'intera catena del valore, fin dalla progettazione degli abiti. Anche in Svizzera si riflette sul tema."Malgrado l'aumento generale della consapevolezza dei problemi ambientali, in materia di abbigliamento il prezzo e i canali di marketing - in particolare i social rivolti ai giovani - sembrano troppo attraenti per molte persone", afferma Mireille Faist, specialista della società di consulenza sulla sostenibilità Quantis, in dichiarazioni all'agenzia Awp.La Francia introdurrà un cosiddetto ecoscore - un'etichetta per l'abbigliamento - il prossimo autunno, assumendo la guida di un progetto simile a livello di Unione europea. "L'ecoscore è un'informazione importante per i consumatori, che può orientare le loro scelte d'acquisto, ma un'etichetta sul prodotto non impedisce alle persone di comprare grandi quantità di indumenti o di sbarazzarsene prematuramente" , avverte Faist.Nicolas Inglard, responsabile per la Svizzera romanda di Swiss Retail Federation, l'associazione del commercio al dettaglio, ritiene che le norme serviranno più che altro a far conoscere i tanto criticati operatori del fast fashion, perché sono proprio loro a eluderle. In un mercato "che per l'80% opera su un modello di subfornitura, bisogna mettere in prospettiva ciò che si può ottenere attraverso la legislazione"."Non è con i dazi doganali che regoleremo i consumi, ma sensibilizzando i consumatori: se sono meglio informati, prenderanno anche decisioni migliori a lungo termine", argomenta Inglard. Da parte sua Faist non è però dello stesso parere: "Sono necessari quadri legislativi per non far ricadere l'intero onere sulle spalle dei consumatori".L'attenzione agli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio non è peraltro priva di rischi, in quanto le aziende europee potrebbero mettere da parte "altre questioni altrettanto importanti, come ulteriori impatti sulla natura, la biodiversità e la scarsità d'acqua", mette in guardia Faist.Alcuni grandi nomi del fast fashion, come Zara, Shein e H&M, sono entrati nel mercato dell'usato con ampie campagne pubblicitarie. "È solo greenwashing, ecologismo di facciata, perché i volumi sono minimi e rimarranno tali finché l'attività sarà trattata come secondaria", sostiene Inglard. Inoltre, la scarsa qualità dei prodotti ne limita in ogni caso la durata."La sostenibilità di un articolo è linearmente legata alla sua durata, soprattutto per i prodotti che non richiedono energia per essere utilizzati", gli fa eco Faist. "Più un indumento viene indossato, minore è l'impatto ambientale ogni volta che viene utilizzato", conclude l'esperta. (ICE BERNA)


Fonte notizia: Swissinfo.ch